sabato 24 agosto 2013

Un documentario da raccontare. “Grass: Untold Stories” di Bahman Maghsoudlou

di Gemma Lanzo


Quando ho scoperto che era stato scritto un libro sulla realizzazione di uno dei primi film documentari etnografici, Grass: a Nation’s Battle for Life (1925), ne sono rimasta sorpresa e particolarmente affascinata. Questa straordinaria opportunità si è presentata grazie ad una collaborazione, da me intrapresa, finalizzata alla pubblicazione di un libro edito dalla mia casa editrice. Maghsoudlou infatti, oltre ad essere l’autore del libro in questione è anche l’autore di uno dei saggi pubblicati all’interno di Moviement, collana di cultura cinematografica, relativo alla monografia sul regista iraniano Amir Naderi. Maghsoudlou era a me noto come importante studioso di storia del cinema, attento conoscitore del cinema iraniano e cultore di tutta quell’arte che proviene dall’Iran. Presidente dell’International Film and Video Center di New York, è anche produttore di alcuni film tra cui Manhattan by Numbers di Amir Naderi, ed autore dei film documentari Ardeshir: The Rebellious Artist e Kia-Rostami: A Report  e di libri come “Iranian Cinema” (New York University Press, 1987). Riguardo al libro in analisi “Grass: Untold Stories”,  possiamo affermare che si tratta di un’opera  incomparabile per due importanti motivi. In primis, perché è l’unica pubblicazione interamente dedicata alla realizzazione di questo film  (ad esclusione di “Grass”, scritto da Merian Cooper, uno dei registi del documentario, e pubblicato nel 1925 da G.P. Putnam’s and Sons).  In secundis perché l’autore innesta le vicende e le avventure dei registi e produttori del film, Merian Cooper, Ernest Shoedsack (creatori del celeberrimo King Kong) e Marguerite Harrison, sui dati reali raccolti attraverso la sua personale ricerca. Questi straordinari  individui diventano gli interpreti di un racconto che talvolta prende le mosse di un avvincente romanzo per la sua capacità di coinvolgimento, tanto che il lettore rivive con l’autore la tensione emozionale, le motivazioni che hanno portato a girare il film e al contempo viene a conoscenza delle difficoltà di carattere tecnico e organizzativo di una tale impresa. Cooper, Shoedsack e Harrison, animati dallo spirito pioneristico tipico dell’epoca, tra il 1914 e il 1925,  viaggiando dagli Stati Uniti attraverso l’Asia Minore alla ricerca di un esempio capace di esprimere il concetto di “scontro tra uomo e natura” trovano una tribù nomade in Iran, conosciuta come Bakhtiari. Questa tribù, come nella preistoria, era costretta ad abbandonare le terre in cui viveva, poiché l’erba, bruciata dal sole, non costituiva più la risorsa per la sopravvivenza. La migrazione verso altri territori fertili, che venivano nuovamente abbandonati, si ripeteva. I tre registi seguono gli uomini di questa tribù nel loro viaggio di 48 giorni  attraversando il deserto, i fiumi e le montagne per raggiungere i pascoli con i loro greggi. 

Maghsoudlou, attraverso la particolare strutturazione del libro, riesce ad accompagnare il lettore nelle vite dei protagonisti e nella sfera delle loro emozioni. Racconta con intensità la lotta per la sopravvivenza che ritroviamo nel film; mette in risalto come i tre fossero rimasti intrigati dall’idea di filmare una storia assolutamente autentica in ogni minimo particolare; delinea le personalità dei protagonisti come nel caso della Harrison, di cui descrive la prigionia in Russia, la sua fascinazione per la lingua e i costumi a lei alieni, come quelli russi e persiani, e mette in rilievo la sua fondamentale importanza nella fuga di Cooper dalla prigionia russa. Non trascura la figura della Harrison  prima produttrice donna di film documentari che, essendo una giornalista, è stata mossa egualmente dallo spirito di avventura e dalla volontà di dimostrare ai circoli per signore di aver preso parte a questa spedizione. Il racconto di Maghsoudlou non manca di descrivere i personaggi incontrati dai  registi  nel loro viaggio, né di riportare gli aneddoti che gli stessi raccontano sulle proprie vite. Di notevole interesse inoltre è una delle sezioni finali del libro in cui vengono riportate le impressioni degli spettatori che assistettero alla Prima di New York nel 1925.  Il libro, ricco di dettagli sulla ricostruzione storica, si basa su una solida ricerca effettuata da Maghsoudlou  negli archivi di varie parti del mondo; è corredato da preziose fotografie e documenti originali dell’epoca di elevato valore storico e antropologico e contiene le testimonianze scritte direttamente dai protagonisti. Avvincente come un romanzo d’avventura, ma realistico e attendibile per la ricerca storiografica che sostiene l’intera opera, “Grass: Untold Stories” rispecchia la forma del documentario, mettendo in scena i registi attraverso le vicende che hanno preceduto, seguito e accompagnato la realizzazione del film.  Un’opera unica e un preziosissimo esempio di documentario nel documentario, animato da una vena linguistica appassionata e coinvolgente. Una lettura indispensabile per gli studiosi del cinema. Si ricorda come, nel 1997, Grass: a Nation’s Battle for Life sia stato scelto per la sua conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti perché "culturalmente, storicamente ed esteticamente significativo”.

Il volume disponibile solo in inglese e farsi, può essere acquistato su:

http://www.mazdapublisher.com/BookDetails.aspx?BookID=256

(Articolo pubblicato in data 24/08/2013 su Casalnuovo, Il giornale di Manduria)

giovedì 22 agosto 2013

Itali@mbiente

di Gemma Lanzo
 

Presentato al BlogFest nel 2010 a Riva del Garda, Itali@mbiente è il primo progetto italiano che utilizza la formula del “crowd film web generated” per  testimoniare lo stato di disagio ambientale in cui versa il nostro Paese. Il film, realizzato in collaborazione con WWF Italia, CinemAmbiente e il Team di Avoicomunicare di Telecom Italia, è stato ideato dal geologo Mario Tozzi (il quale è anche il supervisore scientifico del progetto) e nasce, si sviluppa e si concretizza grazie al web dove può essere liberamente fruito. L’idea è semplice ed efficace: il Bel Paese, con dati scientifici alla mano, viene costantemente aggredito dal consumo di suolo e dalle grandi opere, dalla fame di energia, dagli impianti industriali e dallo smaltimento delle scorie. Il film documenta gli effetti di tali aggressioni e lo fa nel modo più diretto, raccogliendo i contributi filmati dai navigatori. In questo modo viene creata una mappa che da nord a sud ridisegna le anomalie, i disastri, le deturpazioni del paesaggio e lo stato di completo abbandono in cui versa buona parte del territorio italiano. Vengono riportati esempi di progetti di grandi opere, come il ponte sullo Stretto di Messina, di abusivismo edilizio e di storie meno conosciute come quella della razzia di ulivi secolari a Fasano (Brindisi), sradicati, per poi essere venduti allo scopo di abbellire i giardini di ville private; e ancora il “non finito calabro”, ovvero quelle costruzioni iniziate e mai terminate. Si passa poi alla questioni delle scorie e dei rifiuti industriali e vengono passate in rassegna: Ilva, Eternit, Eurex e le colline dei rifiuti di Spinetta Marengo (Alessandria), ovvero quelle aree in cui le industrie hanno compromesso non solo le bellezze paesaggistiche dei luoghi dove sono sorte, ma anche e soprattutto la salute degli abitanti del luogo. Una su tutte la morte biologica della Valle Bormida, in un’area che comprende un raggio di 20 km dal sito dove si erge la fabbrica di coloranti Acna.

La macchina da presa indaga tra un fiume tombale ed un paesaggio naturale reso ormai irriconoscibile per la presenza di container, tra un fiume di colore purpureo, tra le costruzioni che preannunciano delle imminenti tragedie. Il passaggio stilistico da camera a camera non si vede, tanta è l’uniformità dello scempio. La sceneggiatura si sofferma sui casi emblematici, lasciando intendere che tante altre sono le storie simili a quelle raccontate. Rivela inoltre come non ci siano differenze tra nord e sud e come queste usanze disastrose siano comuni a tutto il territorio nazionale. A queste immagini drammatiche si alternano le voci degli esperti, di coloro che studiano il nostro territorio e che conoscono molto bene il rapporto di causa-effetto che innescano le pratiche selvagge perpetrate ai danni dell’ambiente, soprattutto negli ultimi cinquant’anni. Quelle voci di esperti che sembrano costantemente rimanere inascoltate visti gli eventi di cronaca recente e meno recente. Il film utilizza tutti i mezzi a sua disposizione ed in maniera lineare ed incisiva monta questi mini-documentari in un unicum dal taglio ben definito. Anche il montaggio e la musica concorrono al raggiungimento di tale scopo, creando il ritmo e la tensione necessaria affinché nasca quel senso di disdegno e di partecipazione  nello spettatore. Questo è il messaggio del film: l’Italia è tra i Paesi europei che può vantare un territorio con  il maggior numero di coste, la maggior biodiversità, il maggior numero di bellezze artistiche e monumentali ed è doveroso prendersene cura e smettere di deturparlo; è attraverso la consapevolezza degli errori del passato che si possono e si devono evitare errori futuri; grazie alla sensibilizzazione dei cittadini di oggi si può prevedere un futuro ambientale migliore per il nostro territorio. A conclusione del film infatti ci vengono mostrati alcuni casi positivi: in Italia ci sono ben 100 Oasi protette del WWF (come quella magnifica di Ripabianca, Ancona); in Calabria, tra le regioni italiane a più alto rischio idrogeologico, è oggi in atto un progetto di monitoraggio sulle frane da parte del CNR; a Bagnoli la raccolta porta a porta è arrivata al 91%.

(Articolo pubblicato in data 21/08/2013 su Casalnuovo, Il giornale di Manduria)

domenica 11 agosto 2013

Gargano Film Fest: Festival Internazionale di cortometraggi a San Giovanni Rotondo

di Gemma Lanzo


Nella suggestiva cornice di San Giovanni Rotondo, in un clima di vivacità culturale che ha coinvolto la cittadinanza, si è svolto nei giorni 2, 3 e 4 agosto appena trascorsi, il Gargano Film Fest. Giunto al suo sesto appuntamento grazie all’Associazione Culturale Provo Cult e presentato da una impeccabile Paola Russo, il Festival ha mostrato al pubblico i dieci cortometraggi finalisti del concorso internazionale “Provo.corto 2013”. I corti sono stati premiati dal pubblico e da una giuria tecnica composta da Daniele Cascella, regista e Presidente di Giuria, dal Prof. Eusebio Ciccotti (Università di Foggia), dal Prof. Costantino Maeder (Catholic University of Louvain), dal Prof. Salvatore Ritrovato (Università di Urbino) e dalla sottoscritta, invitata come Editore e co-direttore di Moviement – Collana di Cultura Cinematografica. Ai cortometraggi selezionati, tutti di notevole valore espressivo e tecnico, sono stati assegnati premi diversi per diverse categorie.

Si riportano di seguito i titoli dei corti premiati con le relative testuali motivazioni dei giurati:

"Per la delicatezza e la forza estetica del racconto con cui viene rappresentato il tema della guerra, unito al motivo della memoria che lega due personaggi simbolici - quello del reduce e quello della bambina – nel corto circuito tra vittima e carnefice"
1° Premio "Gargano Film Festival 2013" a MEMORIAL diretto da Francesco Filippi.

"Per l'abilità narrativa nel trattare il delicato rapporto fra giovinezza e terza età"
il premio per la miglior sceneggiatura va a Josecho de Linares, di MI OJO DERECHO diretto dal medesimo.

"Per la capacità di far rivivere allo spettatore, tramite la ricostruzione degli ambienti e la scelta dei costumi, uno dei periodi più tormentati della storia del nostro paese"
il premio per la miglior scenografia e costumi va a Dionisia Cirasola e Arianna Palmisano di OROVERDE, diretto da Pierluigi Ferrandini.

"Per la scioltezza nel cadenzare il ritmo del film tra esterni ed interni fisici, linguistici e psicologici, in una metropoli contemporanea"
il premio per il miglior montaggio va a Mario Parruccini di I TWEET, diretto dal medesimo.

"Per la grande capacità interpretativa nel rendere il dramma contemporaneo della perdita del lavoro e delle conseguenze psico - esistenziali"
il premio per il miglior Attore va a Silvano Cavallina di L'INCOGNITA, diretto da Enrico Muzzi.

"Per la perizia con cui sono stati esaltati, attraverso la luce e i valori cromatici al servizio del film, i tratti evocativi di un'epoca"
il premio per la miglior fotografia va a Filippo Silvestris di OROVERDE, diretto da Pierluigi Ferrandini.

Menzione speciale della giuria per gli alti valori etici e sociali, riguardanti il dramma della disoccupazione, espressi dal film L'INCOGNITA, diretto da Enrico Muzzi.

Il premio del pubblico è andato a PRE CARITÀ di Flavio Costa, un ironico racconto sulla “soluzione” paradossale trovata dal protagonista, un laureato in Sociologia, per arrivare ad ottenere il “fisso” mensile.

Si nota come la realizzazione di un cortometraggio sia molto complessa poiché esso in pochi minuti deve comunicare un messaggio, suscitare delle emozioni ed essere visivamente coinvolgente. L’abilità del regista consiste nel saper condensare questi aspetti senza il supporto della forma/racconto del lungometraggio. Ha bisogno infine di possedere quella qualità ritmica costante senza interruzioni nella tensione filmica.

Il Gargano Film Fest, ad esclusione dei cortometraggi in gara, ha sviluppato gli altri eventi collaterali sul concetto di eco-sostenibilità. Nel corso delle tre giornate si sono susseguiti tre interessanti Workshop dai titoli: “La settima arte come mezzo di sensibilizzazione all’eco-sostenibilità e al senso civico”, “Territorio e ambiente – Edizione 0 (Audiovisivi della Puglia)” a cura di Fabio Iascone (Università di Foggia) e “Ricicl.Art: l’arte come mezzo di educazione al riuso e al riciclaggio di materiale di uso comune”. Inoltre sono stati proiettati due film su tematiche ambientaliste, La città ideale di Luigi Lo Cascio del 2013 e il docu-film Itali@mbiente di Mario Tozzi del 2011e non sono mancate le performance musicali tra cui ricordiamo quella di Michele Piano che ha musicato e suonato dal vivo la colonna sonora da lui composta per due film dell’epoca del muto, mentre sullo sfondo della incantevole Piazza De Mattias si potevano ammirare le opere dei visual artists Josè Carlos Bellantuono, Antonio Jannacci, Domenico Ruscitto e Alessandra De Cata e la mostra fotografica a cura di clackphoto.com.  L’evento di ampio respiro ed elevato spessore culturale ha costituito un forte richiamo per i cittadini che hanno partecipato con interesse. La manifestazione, che concorre a promuovere la circolazione di idee e persone a livello nazionale ed internazionale contribuendo a far conoscere il patrimonio storico culturale del luogo, è stata organizzata grazie alla volontà  dell’Associazione Provo Cult. La Puglia è nuovamente protagonista nella promozione della cultura.

(Articolo pubblicato in data 10/08/2013 su Casalnuovo, Il giornale di Manduria)