giovedì 22 agosto 2013

Itali@mbiente

di Gemma Lanzo
 

Presentato al BlogFest nel 2010 a Riva del Garda, Itali@mbiente è il primo progetto italiano che utilizza la formula del “crowd film web generated” per  testimoniare lo stato di disagio ambientale in cui versa il nostro Paese. Il film, realizzato in collaborazione con WWF Italia, CinemAmbiente e il Team di Avoicomunicare di Telecom Italia, è stato ideato dal geologo Mario Tozzi (il quale è anche il supervisore scientifico del progetto) e nasce, si sviluppa e si concretizza grazie al web dove può essere liberamente fruito. L’idea è semplice ed efficace: il Bel Paese, con dati scientifici alla mano, viene costantemente aggredito dal consumo di suolo e dalle grandi opere, dalla fame di energia, dagli impianti industriali e dallo smaltimento delle scorie. Il film documenta gli effetti di tali aggressioni e lo fa nel modo più diretto, raccogliendo i contributi filmati dai navigatori. In questo modo viene creata una mappa che da nord a sud ridisegna le anomalie, i disastri, le deturpazioni del paesaggio e lo stato di completo abbandono in cui versa buona parte del territorio italiano. Vengono riportati esempi di progetti di grandi opere, come il ponte sullo Stretto di Messina, di abusivismo edilizio e di storie meno conosciute come quella della razzia di ulivi secolari a Fasano (Brindisi), sradicati, per poi essere venduti allo scopo di abbellire i giardini di ville private; e ancora il “non finito calabro”, ovvero quelle costruzioni iniziate e mai terminate. Si passa poi alla questioni delle scorie e dei rifiuti industriali e vengono passate in rassegna: Ilva, Eternit, Eurex e le colline dei rifiuti di Spinetta Marengo (Alessandria), ovvero quelle aree in cui le industrie hanno compromesso non solo le bellezze paesaggistiche dei luoghi dove sono sorte, ma anche e soprattutto la salute degli abitanti del luogo. Una su tutte la morte biologica della Valle Bormida, in un’area che comprende un raggio di 20 km dal sito dove si erge la fabbrica di coloranti Acna.

La macchina da presa indaga tra un fiume tombale ed un paesaggio naturale reso ormai irriconoscibile per la presenza di container, tra un fiume di colore purpureo, tra le costruzioni che preannunciano delle imminenti tragedie. Il passaggio stilistico da camera a camera non si vede, tanta è l’uniformità dello scempio. La sceneggiatura si sofferma sui casi emblematici, lasciando intendere che tante altre sono le storie simili a quelle raccontate. Rivela inoltre come non ci siano differenze tra nord e sud e come queste usanze disastrose siano comuni a tutto il territorio nazionale. A queste immagini drammatiche si alternano le voci degli esperti, di coloro che studiano il nostro territorio e che conoscono molto bene il rapporto di causa-effetto che innescano le pratiche selvagge perpetrate ai danni dell’ambiente, soprattutto negli ultimi cinquant’anni. Quelle voci di esperti che sembrano costantemente rimanere inascoltate visti gli eventi di cronaca recente e meno recente. Il film utilizza tutti i mezzi a sua disposizione ed in maniera lineare ed incisiva monta questi mini-documentari in un unicum dal taglio ben definito. Anche il montaggio e la musica concorrono al raggiungimento di tale scopo, creando il ritmo e la tensione necessaria affinché nasca quel senso di disdegno e di partecipazione  nello spettatore. Questo è il messaggio del film: l’Italia è tra i Paesi europei che può vantare un territorio con  il maggior numero di coste, la maggior biodiversità, il maggior numero di bellezze artistiche e monumentali ed è doveroso prendersene cura e smettere di deturparlo; è attraverso la consapevolezza degli errori del passato che si possono e si devono evitare errori futuri; grazie alla sensibilizzazione dei cittadini di oggi si può prevedere un futuro ambientale migliore per il nostro territorio. A conclusione del film infatti ci vengono mostrati alcuni casi positivi: in Italia ci sono ben 100 Oasi protette del WWF (come quella magnifica di Ripabianca, Ancona); in Calabria, tra le regioni italiane a più alto rischio idrogeologico, è oggi in atto un progetto di monitoraggio sulle frane da parte del CNR; a Bagnoli la raccolta porta a porta è arrivata al 91%.

(Articolo pubblicato in data 21/08/2013 su Casalnuovo, Il giornale di Manduria)

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