mercoledì 22 gennaio 2014

Ardeshir Mohasses. The Rebellious Artist di Bahman Maghsoudlou

di Gemma Lanzo
 
USCITA: 2012 
REGIA: Bahman Maghsoudlou
SCENEGGIATURA: Bahman Maghsoudlou
STILL PHOTOGRAPHY: Reza Degati
MONTAGGIO: Ghasem Ebrahimian, Tiffany Peckosh
PRODUZIONE: IFVC
DISTRIBUZIONE: Pathfinder Home Entertainment 
PAESE: USA 
DURATA: 92 minuti 
 
Ardeshir Mohasses. The Rebellious Artist è un film documentario sul vignettista iraniano di fama internazionale, diretto da Bahman Maghsoudlou presidente del International Film and Video Center di New York e regista di Kia-Rostami: A Report. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo inoltre “Grass: Untold Stories” e “Iranian Cinema”. Grande merito del film è di rendere note le opere di questo artista nei suoi diversi periodi creativi, attraverso un dettagliato lavoro di recupero dei suoi disegni. La regia è molto lineare ed alterna alle immagini statiche dei lavori di Mohasses, interviste ad amici e studiosi effettuate anche durante l’inaugurazione della Mostra a lui dedicata “Ardeshir Mohasses Art and Satire in Iran”, tenutasi presso l’Asia Society Museum di New York dal 23 Maggio al 3 agosto 2008. Da queste interviste e dichiarazioni emergono gli aspetti più importanti dell’arte e della personalità di Mohasses: la sua mente era a metà tra felicità e tristezza e la sua satira nasceva dal superamento del dramma. Tra gli autorevoli interventi ci sono quelli del suo insegnante, Mohammad Ali Dowlatshahi, del suo compagno di Università della facoltà di legge. Un importante lavoro di ricerca è stato inoltre effettuato sui suoi rapporti epistolari con l’Iran da quando, con la rivoluzione Islamica, si trasferì a New York. Da queste lettere emergono informazioni dettagliate sulle persone di sua conoscenza e contengono inoltre numerosi bozzetti. Un film didattico in cui l’uso della musica e delle immagini è suggestivo ed evocativo, disponibile solo in inglese.Il film si apre raccontando l’infanzia ed il rapporto con la madre, una poetessa e una donna progressista. Mohasses, già a 13 anni, disegnava vignette e di lì a poco cominciò a pubblicarle su “Towfiq Magazine”, da questo momento Mohasses non smette più di dedicarsi alla sua arte, il suo spirito creativo continua a definirsi, comincia a lavorare per “Shamlou”, per il quale realizzerà vignette senza testo perché già da sole riuscivano a commentare la condizione sociale. Mohasses faceva parte della generazione che negli anni ’60 in Iran, fu fonte di modernità culturale e rinnovamento; lanciò un grido per l’innovazione, portando avanti la tradizione dei vignettisti iraniani e continuando la tradizione secolare della cultura iraniana. Con le parole di uno degli intervistati: “La purezza, l’onestà e la saggezza dell’Iran”. Nel 1972 quando intraprende un’esperienza lavorativa di sei mesi per “Jeune Afrique” in Francia, vediamo apparire i primi colori. Ispirandosi al Qajar iraniano, i suoi lavori si definiscono nettamente come iraniani; continua inoltre a pubblicare a livello internazionale anche negli Stati Uniti ed in Giappone. Poi con l’era della censura sotto il regime Pahvali, le sue diventano immagini di satira seria, la sua arte rientra in quella dei “Bitter- Graphists” quali Topor, Searle, e Scarfe. Con la rivoluzione islamica Mohasses si trasferisce a New York dove dal 1973 al 2008, data della sua scomparsa, lavora come vignettista per il “New York Times”, attività ampiamente riportata nel film grazie alle numerose riprese delle pagine originali del quotidiano americano. Nonostante la sua lontananza dall’Iran, ha continuato a mantenere un rapporto costante con la sua terra, anche tramite l’informazione sulla politica ed i libri. Il film ha il pregio di disegnare l’arte e la personalità di Mohasses. Inoltre la conoscenza personale tra Bahman Maghsoudlou e Mohasses ha permesso non solo di far emergere l’essenza e lo spirito dell’artista e la sua personalità, come si evince ad un certo punto del film: “il modo in cui vede il cuore delle persone”, ma anche di mostrare immagini di Mohasses al lavoro nel suo studio di New York, e solo al lavoro. Le riprese di Mohasses infatti non lo vedono mai parlare. Solo in una occasione udiamo la sua voce, una conversazione telefonica con Mr. Rahmani sulla propria madre. Mohasses era una persona introversa e taciturna e il suo unico interesse era quello di creare. A rafforzare questo concetto c’è il racconto dell’amico su come abbia disegnato, quando era in ospedale impossibilitato ad usare la mano destra, più di cento bozzetti.Il film si conclude con una inquadratura della sua lapide ed una citazione che recita: “L’arte non ha mai cambiato niente. L’unica cosa che si può dire è che gli artisti in ogni periodo della Storia lasciano una traccia cosicché la gente, nel futuro saprà del tempo passato”. Ardeshir Mohasses (1938-2008).
 
(Articolo pubblicato su Casalnuovo. Il Giornale di Manduria in data 22/01/2014)

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